I cattolici in politica: tema sempre attuale, specie nella “società liquida” del Millennio digitale e della politica – dove gli schieramenti basati sulla divisione tra destra, sinistra e centro appaiono polverizzati da leaderismi autoreferenziali e logiche di corto e cortissimo respiro, ispirate quasi esclusivamente dalla ricerca spasmodica di consenso.
Per ragionare se abbia ancora un senso porsi il quesito su quale collocazione debbano e possano assumere i cattolici nell’attuale panorama politico italiano, può essere utile tornare alle radici, alle riflessioni di chi la storia dei cattolici in politica l’ha segnata in maniera indelebile.
Il pensiero di Aldo Moro
Aldo Moro, nella seduta dell’Assemblea costituente del 13 marzo 1947, pronunciò un discorso che ancora oggi può tornare utile a chi, da cattolico, intende impegnarsi in prima persona in attività politiche di ogni genere. “Uno Stato – disse Moro – non è veramente democratico se non è al servizio dell’uomo, se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l’autonomia della persona umana”.
Per lo statista pugliese, “non possiamo prescindere da una comune e costante rivendicazione di libertà e giustizia”. Concetto, quello della giustizia sociale, che Moro riprenderà una ventina d’anni più tardi, nel discorso al consiglio nazionale della Democrazia cristiana del 21 novembre 1968: “Senza una guida e un ordine che componga i conflitti sociali a un livello sempre più alto di giustizia, nessuna società può vivere e progredire”, fu la sua sottolineatura, con la specificazione sulla natura essenziale della democrazia intesa come “autorità morale e comando legittimato del consenso”.
Sul rapporto con quelle che Moro definiva “le idealità cristiane”, è netto il suo modo di pensare: “Un indirizzo politico che si voglia disegnato sul rigore del principio religioso è una pretesa inammissibile”. Tutto ciò perché “non è lecito piegare alle esigenze della situazione politica un organismo universale e spirituale qual è la Chiesa. Ma neppure queste esigenze – è la conclusione di Moro – possono essere sacrificate nell’ambito di un ordinamento autonomo qual è lo Stato”.
Una vera e propria lezione – l’ennesima, si potrebbe dire – che Moro può ancora impartire su come un laico cattolico debba intendere la politica e il rapporto fra religione e politica, fra Stato e Chiesa, fra Cesare e Dio.
Il concetto che sottende a ogni affermazione dello statista Dc è quello, oggi abbastanza desueto e fuori moda in politica, della ricerca del bene comune.
Su questo concetto, l’azione dei cattolici nei vari partiti e schieramenti del quadro politico italiano dovrebbe trovare una sorta di faro comune, di punto di riferimento condivisibile, a prescindere dalle sfumature ideali che ne caratterizzano l’impegno e la ricerca di consenso.
Le parole del card. Bassetti
Quando il presidente dei vescovi italiani, il card. Gualtiero Bassetti, sostiene che “è finito il tempo dei politici eterodiretti dalla Chiesa”, sembra sollecitare proprio questo: un impegno che, al di là degli steccati partitici, sappia convergere sul concetto della politica intesa come perseguimento del bene comune.
La stessa affermazione di Bassetti esclude ovviamente qualsiasi suggestione per la nascita di un nuovo partito cattolico, che – si può facilmente prevedere – sarebbe votato all’insuccesso dal punto di vista della raccolta di consensi.
Molto più realistico puntare sulla indiscussa vitalità e capillarità della presenza sociale e culturale dei cattolici. Da questa presenza potrebbe nascere una spinta reale e concreta alla politica, anche per costruire un modello di sviluppo meno pervaso da disuguaglianze ed esclusioni. In questo, decisivo è il sostegno di una Chiesa orientata a intendere il pensiero cattolico come quel “lievito” del mondo che, attingendo ai princìpi del Vangelo, è comunque consapevole che il compito di evangelizzare resta in capo alla Chiesa stessa.
“L’Italia ha bisogno di laici cattolici che abbiano un’identità salda e chiara, e che sappiano dialogare con tutti” è il concetto ribadito dal card. Bassetti. Un Papa che ha molto influito sull’impegno dei cattolici in politica, Paolo VI, ha insegnato tra l’altro come risolvere i contrasti in convergenze. Dando a Cesare quel che è di Cesare, da laici, e a Dio quel che è di Dio, da cattolici.
Daris Giancarlini